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ADDIO MIO CONTROLLO

  • Immagine del redattore: Chiara Frizzera Zambelli
    Chiara Frizzera Zambelli
  • 5 ago 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

GIORNO 36


Non riesco a trattenere il sorriso, non solo delle mie labbra rosate ma anche dei miei occhi verde bosco, del mio cuore rosso vibrante.

Non riesco a trattenere il senso di gratitudine nel vedere anche stamani uno spettacolo naturale scaldato dai primi raggi del sole, di un'alba timida, che lentamente è emersa da dietro il monte Brione. Giocava a tingere le onde con delle piccole meches d'orate. Giocava ad esaltare le mie sfumature ramate, nel mio chignon improvvisato, che lasciava libere alcune ciocche ribelli, in boccoli solitari lungo i miei zigomi pronunciati.

Giocava a solleticare i miei piedi nudi, lattei, mentre mi preparavo per salutare il sole.

Son rimasta seduta a fissare quel movimento perdendo la cognizione del tempo.

Me ne son andata solo per l'arrivo della famiglia di turisti mattinieri con i loro consueti schiamazzi fuori luogo. Nell'infilarmi le mie scarpe da mille prismi colorati, ho scorto con la coda dell'occhio una figura esile, solitaria, a metà pontile.

L'alba le illuminava i lunghi capelli castani, lisci come seta, ed il suo sguardo era interessato e concentrato ad osservare quello stesso moto che poco fa aveva colto la mia di attenzione. Rannicchiata con le mani aggrappate alle ginocchia piegate, la schiena rilassata, ed un vestitino nero di cotone con delle spalline sottili come i suoi arti superiori, indossava dei sandali che al mio sguardo poco centravano con il suo outfit. Tecnici, freddi. Non c'era armonia e ne ero infastidita. Sarà durato poco più di un secondo, il tempo di alzare il mio di sguardo e ricevere in dono un timido sorriso, puro, candido, segno di condivisione di quella visione compartecipata a distanza di pochi metri, di un lago incontaminato da bagnanti, preso come rifugio da poche anatre, protetto da montagne incastonate e sorvegliato da gabbiani in volo.

Seduta con le mani aggrappate alle ginocchia piegate e la schiena rilassata, nei miei leggins rosa melange ho goduto anch'io delle medesime gioie mattutine.

Quanto può essere potente il gesto inaspettato di un sorriso di una sconosciuta?

Quanto può essere coinvolgente?

Pochi minuti prima ero seduta a gambe incrociate sulla canna verde della Bianchi, aggrappata con entrambi le mani al manubrio, mentre le sue braccia cercavano di tenere il controllo sulla strada.

Il vento mi rinfrescava il viso assonato e mi invitava a rilassare le spalle ormai vicine alle orecchie, proprio come quando da ragazzina presenziavo controvoglia ai saggi di pianoforte.

Mi aveva sorpreso la sua proposta: "Dai sali sulla canna!". Non avevo resistito. Da bambina mio padre mi invitava raramente a salire sulla canna ma quello era uno dei momenti che più amavo trascorrere con lui. Ex ciclista, appassionato di biciclette, sapeva controllare le due ruote e sfrecciare tra le salite e le discese facendomi sentire sempre al sicuro. Tra le sue braccia.

Ora sono altre due le braccia.

Una parte di me ha ancora paura di cadere, di farsi del male, di sbucciarsi e sanguinare.

Altre volte è successo.

Un'altra parte di me vorrebbe lasciarsi andare a questo corso di eventi e fidarsi di chi le sta accanto, proprio come facevo da bambina, senza paura del dopo, senza smanie di controllo, solo io, la bicicletta e quella brezza in faccia che mi fa sentire viva, tra le braccia di chi mi ama.

Quanto può essere eccitante perdere il controllo?







 
 
 

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