AUTORITRATTI DI BELLEZZA
- Chiara Frizzera Zambelli
- 21 ott 2020
- Tempo di lettura: 2 min
GIORNO 89 (in super ritardo)

L’aria calda mi inonda il viso coperto dai capelli appena bagnati. Scrivo con il pollice destro mentre la sinistra impacciata prova ad asciugare lo stesso lato di cuoio capelluto. Una luce fioca sopra lo specchio illumina la mia visuale già ridotta. Con il phon sposto il ciuffo verso destra e rinuncio a fare movimenti troppo azzardati per la mia coordinazione. Opto per un getto fisso. Sogno il casco di mia zia paterna mai conosciuta ma grande artista di sorrisi tra forbici e pieghe. Quel casco ne ha viste di teste, di sogni, dubbi, incertezze, tra una permanente e l’altra, tra un taglio ed un colore. Da piccola mi piaceva osservare mia madre infilarsi lì sotto con bigodini multicolore sparsi su tutto il capo. A casa è ancora custodita la scatola con tutti gli accessori.
Prima era il turno di nonna e le sue fiale blu puffo per far risplendere i suoi ricci bianchi.
Poi quello di mia madre, vittima della moda del momento, caduta nella trappola di permanenti su capelli lisci da far invidia alle modelle asiatiche.
Subito dopo mia sorella, riccia di natura, lei invece desiderava poter colmare il suo viso da pettinature opposte e così le sapienti mani materne si accingevano a farle la “svedese”, una tecnica lisciante a capelli bagnati fissati in un turbante esposto al calore del casco per un’infinità di tempo. Mi ricordo ancora la manopola da girare.
Quello era il mio turno in quel salone improvvisato in mezzo a mobili dell’ottocento. Ognuna voleva esser diversa da come era.
Ognuna ricercava ed assecondava la bellezza imposta dal momento.
Anch’io per anni ho rincorso canoni di bellezza lontani da me: l’abbronzatura da Lampados su pelle di porcellana, detergenti aggressivi per togliere tracce di impurità, chiome di ogni sfumatura di colore eccetto il biondo, riccioli mossi su capelli sottili come spaghetti.
Ma forse più di tutto ho provato a mettermi maschere di socialità, forza ed a tratti irriverenza pur di coprire la mia alta sensibilità.
Quanti pianti e quante lacrime davanti a specchi senza aver il coraggio di guardarmi.
Quante ritirate a letto sotto lenzuola che lenivano pene intime e maleodoranti.
Ma ora mentre alzo lo sguardo vedo riflessa una giovane donna del viso accompagnato da rughe di espressione, finalmente con il suo colore scuro di capelli ritoccato solo alle radici e le sue onde ne ricce ne lisce.
Forse la vera bellezza è questa, riuscire ad osservare senza timore la propria natura. Essere autentici.
A pochi giorni dalla fine di questa sfida posso dire che sto imparando ad innamorarmi.
Sto imparando a dar valore alla mia bellezza intrinseca di anima altamente sensibile con tutte le imperfezioni che la contraddistinguono.
Sto imparando a regalarmi sorrisi e pensieri gentili.
E voi riuscite a regalarvi sorrisi e pensieri gentili? Riuscite a cogliere la vostra bellezza d'anime altamente sensibili?
Mi piacerebbe leggere le vostre storie nei commenti.
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