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IL GIORNO DEL SENTIRE

  • Immagine del redattore: Chiara Frizzera Zambelli
    Chiara Frizzera Zambelli
  • 5 set 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

GIORNO 67



Mentre scorro con attenzione le pagine del libro mi accorgo di come sia stata invocata a leggerlo.

La copertina bianca con al centro chiazze di acquarello sovrapposte danno vita a nuove sfumature, imprecise e per questo forse libere.

Una sorta di richiamo magico, una calamita di carta che mi impegna a prendermi del tempo, a riflettere, a sentire.

È rimasto sul tavolino di legno all’ingresso da più una settimana, subito dopo averlo ritirato, sempre in bella vista vicino al ficus che si stira al soffitto, ma senza essere toccato.

Mi chiedo se sia un caso che l’abbia iniziato questo pomeriggio dopo un chiaro episodio di un sentimento psicosomatico.

Sono stata travolta in una tempesta nelle ultime 48 ore e rileggo nelle prime pagine un passaggio chiave di un’altra tempesta, shakespeariana, fatta di sogni.

Rifletto su quanto come altamente sensibile questo sia veritiero secondo una predisposizione alla sensazione, alla percezione.

Sentire per poter essere.

Sentire per poter capire.

Sentire per poter esprimere.

Essere quello che si sogna.

Capire cosa c’è dentro noi che smuove cicli di stagioni.

Esprime le nostre emozioni motore delle nostre azioni.

Da altamente sensibile so bene cosa significhi tenerle nascoste in scatole che ribollono in attesa di pericolose esplosioni che si possono trasformare in implosioni distruttive.

Concedersi il tempo di sentire sentimenti e sensazioni.

Tra queste prime pagine trovo un pensiero che sento mio ma non voglio abbuffarmene e lo richiudo lentamente.

Mi lascio il tempo del decanto per poter poi diventare io stessa autrice di vibrazioni.

Sensazioni corporee preludi di dialoghi tra soma e psiche, non come mente ma come anima.

La casa è in silenzio e vuota e nella sensazione di mancanza di poter vedere volti cari sento una presenza energica.

Sento un’espansione, sento che sto sentendo. Una metà sensazione che ha dell’astrazione.

Una conferma che per sentire ho bisogno di fermarmi ad ascoltare. Me stessa.

Sola in salotto con Oreste che dorme sul letto in camera capisco che ho bisogno di coraggio nel crearmi situazioni isolanti per potermi sentire.

Perché solo sentendomi potrò curare le mie ferite.

 
 
 

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