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IN QUESTA GRANDE INTENSITÀ

  • Immagine del redattore: Chiara Frizzera Zambelli
    Chiara Frizzera Zambelli
  • 4 lug 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

GIORNO 4




ALLARME SOVRASTIMOLAZIONE

Le palpebre stanno lentamente perdendo la presa. Lottano contro la chiusura.

La testa pesa, il fiato è corto e le arcate dentali si avvicinano sempre di più.

Mi sento esausta.

Gli arti inferiori faticano a stare paralleli al tavolo bianco di design, mentre provo a svuotare la mente dai momenti intensi della giornata.

Sveglia all'alba, yoga, colazione e via verso l'aeroporto a prender il mio migliore amico che non vedo da gennaio.

Troppo tempo.

Voglio che tutto sia perfetto ma sbaglio tempistiche e il cellulare suona prima del nostro arrivo.

Primo nervosismo.

Ed iniziano a volare sensi di colpa e bastonate qua e là, assieme a canzonate al posto delle canzoni. Fino a quando la sua mano tocca la mia e si prende la responsabilità. Lo guardo negli occhi e gli rispondo che non è sua, ma mia. Alla fine si tratta di dieci minuti di ritardo e mi accorgo di essere stata la prima a non aver saputo leggere il mio bisogno. La prossima volta si parte prima e gli sorrido.

Il piede sinistro poggia sulla sedia vintage, mentre il polpaccio destro preme contro il lato più corto del tavolo. Solo cosi riesco a sorreggermi. La schiena, curva, pesa sullo schienale.

Sento già le imprecazioni del neurochirurgo che mi esortano a provare a posizionarmi ritta e fiera difronte allo schermo. Non ora e silenzio tutto.

Secondo nervosismo.

Avevo ordinato le nostre brioche preferite alla migliore gelateria della città. Volevo che la merenda fosse anche semplicemente magistrale ma qualcosa deve esser andato storto nella comunicazione tra le dipendenti e mi ritrovo con quella vuota in mano servita in un sacchetto di carta.

Terzo nervosismo.

In sottofondo il rumore di un furgoncino sale la strada opposta al terrazzo. Sento le voci di donne disquisire ma non colgo le parole. Ad intermittenza delle gocce scendono sul passamano della ringhiera. Il polpaccio preme troppo. Mi fa male e provo a sedermi con la postura da manuale. Il beat in sottofondo fuoriesce dal salotto mentre lui sta creando.


OLTREPASSARE IL LIMITE

Percepisco uno strano odore in bocca, metallico e sento un rimasuglio della ananas mangiata a merenda. È rimasto qualcosa incastrato tra i denti.

Provo a mettere le mie cuffie bluetooth oltre mare per insonorizzare ma i rumori continuano a susseguirsi.

Vorrei solo silenzio.

Una motociclista parte a tutto gas direzione casa e tutto sembra tornare al suo posto ma una telefonata improvvisa termina il beat sostituito dalla sua voce.

Suona Whatsapp e non so come ma Spotify parte all'impazzata con la voce di Lana del Ray in loop.

Non insisto.

Sento che dentro piano piano sto arrivando a quota massima e al più presto dovrò escogitare qualcosa altrimenti so già come andrà a finire o quantomeno posso fare delle ipotesi.

Litigio per una cavolata, mutismo selettivo, cervicale e nausea, etc. etc.

Il tono della voce dal salotto aumenta così come il mio disturbo.

Provo a far ripartire Spotify, questa volta con Sigur Ros ma a quanto pare non sono mai stata fortunata con la tecnologia. Dovrei candidarmi alla Apple perché riesco a mandare in tilt Mac ed I-phone contemporaneamente. Sarei un'ottima tester.

Un'amica oltreoceano mi invia un messaggio chiedendomi se sono disponibile per parlare in una delle giornate più preoccupanti della sua vita e non riesco a dire di no. Trovo la forza e mi ritiro in camera sul letto e ascolto le sue ansie che diventano in parte anche mie. Siamo distanti migliaia di km ma è come se fosse qui, distesa sull'altra parte del letto, sulle lenzuola nere con me e le parlo come farebbe una sorella maggiore. Finisce la conversazione con un suo "ti scrivo più tardi" ed un mio "riposati mi raccomando".


PROVE DI DECOMPRESSIONE

Ritorno al tavolo, quello bianco di design, e stavolta riesco a far partire finalmente Hoppipolla di Sigur Ros. Stacco lo sguardo dal Mac e mi godo la Rocca difronte a me mentre un gruppo di corvi neri sovrasta le conifere ed i cipressi sottostanti.

Ho bisogno di decomprimere.

Decido di alzarmi e mi avvicino alle fioriere ed osservo le Papua Nuova Guinea bagnate. Hanno bisogno delle mie cure. Tolgo le foglie secche, i petali appassiti ed in quel momento capisco che anch'io ho bisogno delle mie cure.

Ritorno in camera, su quelle lenzuola nere, pancia all'insù, a forma di stella, e fisso il soffitto cercando di frenare i pensieri della mente. Respiro. E piano piano inspiro.


L'INEVITABILE FERMATA

Il corpo è ormai arrivato al limite. Mi fa male la gola. Colpa di questa giornata con continui sbalzi meteorologici in sintonia con i miei ormoni.

Mi preparo una tisana rilassante e con le cuffie continuo ad ascoltare quei suoni di una natura nordica che mi sta piano piano traghettando verso un posto più tranquillo, lontano da me.

Bussa alla porta ed entra. Mi chiede cosa ho e gli rispondo: "Sono andata in sovrastimolazione! Troppe cose oggi, troppe emozioni ed ora devo decomprimere".

Sa che quello è il mio modo per lasciarmi i miei spazi. Mi bacia sulla fronte. Chiude la porta e se ne va.

Rimango stesa sulle lenzuola nere, fissando il soffitto bianco mentre tutto si ferma ed io con lui.






 
 
 

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