L'IMPORTANZA DI CHIAMARSI HANGRY
- Chiara Frizzera Zambelli
- 14 lug 2020
- Tempo di lettura: 3 min
GIORNO 14
Il torpore alla guancia non e' ancora passato. Lo sento spingersi fino a metà labbro.
Ed intanto lo stomaco inizia a brontolare.
Non ho ancora mangiato nulla ma devo attendere che l'anestesia termini il suo effetto.
La notte è stata burrascosa. C'era chi rubava il lenzuolo ed opporre resistenza per riuscire a coprirmi le spalle e' stato invano.
Nel dormiveglia mi sono avvicinata al suo dorso ossuto e ci siamo ritrovati schiena contro schiena.
Raggomitolati l'uno sull'altra ho trovato un po' di pace e mi sono finalmente addormentata.
I pensieri fanno fatica ad uscire. La mia attenzione e' fissa sul mio lato destro, paralizzato ed indolenzito. Eccola qui la mia parte altamente sensibile, quella attenta al dettaglio che può trasformarsi in una vera prigione. Il medico mi ha espressamente vietato di assumere cibo ed acqua fino alla fine dell'anestesia, peccato che come PAS il farmaco abbia una durata più lunga che per gli altri. Mi mangio le mani di non averglielo ricordato.
Mi ricordo ancora il momento in cui ho fatto outing sulla mia alta sensibilità. Mi ricordo il suo viso perplesso mentre il mio aveva fedelmente riproposto velocemente tutte le sfumature del rosso, dalla più tenue a quella più accesa. Poi, con fare quasi paterno, mi sorrise concludendo che non era una malattia, anche se non ne avevo mai sentito parlare prima.
Mi ricordo la sensazione di quando uscii dal suo studio. Era la prima volta che ne parlavo con un medico e dopo un primo imbarazzo mi son sentita sollevata, e con la mia autoironia che mi contraddistingue nei momenti autentici, l'ho raccontato subito al mio migliore amico e ci siamo fatti sopra una risata. Come sempre.
Sto aspettando impaziente il cessare di questa agonia.
Ed intanto iniziano ad arrivare dalla finestra profumi e sapori del mezzogiorno, accompagnati da suoni di forchette su piatti ricchi di cibi, mentre dal divano sale il brusio a livello sub ombelicale.
Gli studiosi americani hanno coniato il termine hangry per le persone altamente sensibili, o come direbbero loro HSP (highly sensitive person). Un connubio tra angry, affamato ed hungry, arrabbiato. Lo sa bene chi ha avuto il dispiacere di trovarsi assieme a me in situazioni come questa. Non sono una di quelle persone che può permettersi di saltare i pasti. Ho bisogno di mangiare almeno cinque volte al giorno, come i bambini.
Questo non perché sia viziata o capricciosa, ma perché sono altamente sensibile e questo rapporto con il cibo fa parte del pacchetto. La scienza ha dimostrato di come, processando in maniera elaborata tutte le informazioni, abbiamo bisogno di energia più di altre persone e questo ci deriva dall'assunzione costante di cibo.
Il che non significa ingozzarsi fino allo sfinimento stile romani ai banchetti degli dei. Anzi.
Più che per altri è importante per le persone altamente sensibili mangiare piatti sani e genuini.
Ed eccola arrivare la signorina Rottermeier a sgridarmi per non aver fatto colazione, il pasto più importante della giornata. Ed ora oltre a dovermi sorbire le sue lavate di capo mi stanno iniziando dei crampi inferociti per la fame. Cosa abbiamo imparato oggi? Fare sempre colazione!
Questa benedetta anestesia non vuole andarsene. Non è bastato un'ora di tormento tra frese, trapani, dighe, lame. Ora devo sopportare anche questa brama di cibo. Cerco di respirare e concentrarmi ad organizzare quest'inquietudine. A volte mi chiedo come fanno le madri PAS in gravidanza. Come fanno con le voglie, gli sbalzi di umore, i dolori. Io non credo sarei in grado di tollerarli.
Poi rifletto su quanto sia importante condividere anche questi aspetti, con le persone care, per far capire che non sono vezzi ma insofferenze paragonabili a quelle dei bambini.
Come persona altamente sensibile ho infatti imparato che l'attenzione al corpo deve proprio essere come quella di una madre o di un padre con i propri figli. Non lasceresti mai senza cibo dei bambini!
Mi sfioro il mento con il pollice destro e sconfortata prendo nota ancora di quella sensazione di formicolio sulla mia parte destra del viso. Mi viene in mente l'immagine di Due Facce di Batman che improvvisamente si trasforma una torta di compleanno a tre strati, con panna, fragole, frutti di bosco, pan di spagna e bum! Sarebbe una di quelle volte in cui me la sarei presa volentieri la torta in faccia.
Non credo ne uscirò viva. Mi sto già immaginando piatti primi succulenti, secondi gustosi e dolci raffinati.
Mi ritocco il mento, stavolta con l'indice sinistro per scaramanzia, (magari cambia) e sento con stupore che il formicolio sta regredendo verso la guancia. Buon segno.
La mia mente parte con un foglio di calcolo con stime di un papabile pranzo ad un fuso orario di Napoli, tra circa un'ora.
Ce la posso fare ed apro il frigo alla ricerca di una ricetta degna di nota per un'affamata altamente sensibile.

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