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LA COSTRUZIONE DELL'EQUILIBRIO

  • Immagine del redattore: Chiara Frizzera Zambelli
    Chiara Frizzera Zambelli
  • 31 lug 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

GIORNO 31


Le gambe scivolano fuori dal letto, la colazione è già pronta sul tavolo in terrazzo.

Ci accompagna una leggera brezza mattutina che mi fa sperare ad una giornata meno afosa rispetto alle previsioni meteo ma non appena raggiungiamo il viale con gli ulivi mi accorgo dell’errore di valutazione e mi sento improvvisamente l’afa addosso. Mentre lo vedo giocare con la sua bici color bianchi, impennando sulla salita, mi scappa un sorriso e son colpita da un forte senso di tenerezza . Si sorprende arrugginito dichiarando stato di vecchiaia avanzato e dentro di me penso a quanto sarebbe bello affrontarlo assieme questo movimento d’età, impennando su altre salite, con fare fanciullesco. Ci salutiamo ed ognuno per la sua strada.

La mia verso il lago. Oramai è diventata abitudine cogliere con lo sguardo i fiori selvaggi crescere lungo la ciclabile, dalle pietre, ai bordi della strada.

Passato il piccolo ponte di legno una curva a 90 mi divide dal primo incontro con lui.

Piatto. Limpido. Magico.

Ed una boccata d’ossigeno mi dà la carica.

Imbocco la scorciatoia e li vedo, come consuetudine, spogliarsi per il primo bagno. Una coppia sulla cinquantina. Probabilmente straniera. Lei, affascinante, fisico tonico e capelli raccolti in una lunga treccia grigia. Lui fisico esile, sguardo concentrato avvolto da una montatura altrettanto sottile. Sempre allo stesso posto. Sempre alla stessa ora. Proseguo per arrivare al secondo porticciolo e lo scorgo disporre le vele sul prato. Pelle abbronzatissima e mocassino da velista al piede e tanta esperienza sulle spalle. Sempre allo stesso posto, sempre alla stessa ora.

Mi dirigo verso il pontile. Libero. Un sospiro di gratitudine mi fa accelerare il passo per arrivare per prima. La famiglia tedesca di ieri giace sui massi all’ingresso e si sta preparando per un tuffo.

Tolgo le scarpe, appoggio la pochette verde bosco sulle assi e inizio il lavoro di bioenergetica.

Tre respiri e sono pronta a salutare il sole.

La settimana passata ha arrugginito la mia colonna posteriore e mi accorgo subito dei perduti miglioramenti messa a cane a testa in giù.

Faccio tre cicli e poi in ricordo di vecchie lezioni di yoga provo a fare l’albero.

Posiziono il piede destro sull’interno coscia sinistro ma non passano nemmeno cinque secondi che perdo l’equilibrio.

Ritento ma la storia si ripete.

Cambio piede. Ora è il sinistro sull’interno coscia destro e acquisto stabilità. Riesco a fissare il punto bianco in fondo al lago.

Non so se sia una dimora o una mia immaginazione ma rimango concentrata.

Il piede in appoggio è instabile e continuo a lottare per tenere l’equilibrio. Mi concentro sul punto. Delle vele sulla destra stanno per offuscare il punto. Sulla sinistra, più vicino, qualcuno sta nuotando in direzione opposta. Li ho colti con la punta dello sguardo e di nuovo traballa la base. Con le mani conserte cerco di bilanciarmi mentre un pensiero si impossessa di me.

Come è rappresentativo della vita questo momento. Sola con le mie forze cerco di mantenere l’attenzione su orizzonti lontani sfuocati, mentre vele colorate e braccia alternate compiono altri viaggi.

Sta a me non farmi distrarre da ciò che non posso controllare.

Sta a me esercitarmi nella messa a fuoco.

Sta a me lottare per il mio equilibrio.

La gamba cede dopo l’attenzione e uno spirito nuovo mi accompagna sulla via di ritorno.

Non smettere mai di esercitarti su quello che ti fa star bene.

Su quello che ti sorregge mentre tutto scorre.



 
 
 

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