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SCARAMANZIA TRA LE DITA

  • Immagine del redattore: Chiara Frizzera Zambelli
    Chiara Frizzera Zambelli
  • 11 ago 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

GIORNO 42



15 minuti in anticipo sulla tabella di marcia. La sala è già piena e mi invitano ad uscire. A ritornare più tardi. Mi siedo all’ingresso su una sedia blu. Elettrico. Come lo solo ora io. Faccio fatica a respirare dentro la mascherina. Faccio fatica a rimanere seduta in attesa.

Nella mano sinistra i precedenti referti. I moduli di triage. L’impegnativa per il controllo di oggi.

Cerco di rimanere positiva. Di visualizzare l’esito positivo.

Esce una signora con il ghiaccio sul seno sinistro e annuncia a gran voce “Potete andare” mentre il braccio abbronzato del marito l’avvolge caldamente sullo stesso lato. Ora la sedia alla mia destra è vuota. Mentre in fila si sono aggiunte altre due donne. Tra poco sarò anch’io in fila. Ed è proprio su un filo che mi sento. Tesa come una corda di violino. Mi chiedo se sia servito a qualcosa bruciare quelle scritte perché io adesso me le sento addosso. Come il vestito di lino grigio che indosso ora, a mezza gamba, decorato a mano con rose diverse, sul finale. Vintage. Della mamma.

In pochi minuti passo dal blu elettrico al verde lago.

Com’era splendido questa mattina.

Desolato e leggermente agitato, in connessione con il mio stato. Non mi era mai successo prima e non so se imputarla alla pratica o alla paura che ho in corpo. Un flusso emotivo è scivolato fuori dai miei occhi, dalle mie narici, dalle mie labbra. Sola, in ginocchio fronte acqua, ho pianto. Ho liberato parte di quella tensione con cui minuto dopo minuto sto combattendo in questa sala che ormai conosco. Volti femminili, storie e passati unici, ora neutri ad un esame che unisce età diverse. Volti che ogni volta mi sembra di aver già incrociato. Ed ecco aprirsi la porta gialla scorrevole e riconoscere un altro volto. Quella della persona che tra poco valuterà la mia condizione.

Numero 28 e mi alzo. La stanza è diversa, l’infermiera è diversa. Segnali che allarmano la mia visione scaramantica. Mi spoglio e sul lettino stesa a pancia in sù sento il rullo premere sul mio seno piccolo ma accessoriato. Mentre il suo sguardo concentrato, dietro quella montatura rosso fuoco, mette a fuoco proporzioni e strutture, il mio osserva quello della luce del faretto sopra di me. Chiudo gli occhi e per un attimo ritorno ai miei quindici minuti di pensieri felici, di rientro dal lago. Sono seduta ad un tavolo con i miei due pilastri ad assaggiare la miglior pizza della città, in una giornata di sole e sorrisi che festeggiano un referto positivo. Apro gli occhi e mentre rivedo quella luce la sua voce dichiara conclusa la visita e mi rimanda tra altri trecentosessantacinque giorni. Trecentosessantacinque giorni che inizieranno con una camminata di pensieri felici. Altamente sensibili. Non so se esista la legge dell’attrazione ma quello che so è che tentare non costa nulla.

Lascio fuori le paure, le scaramanzie per allontanarmi da una profezia che si auto avvererà ed iniziare a disegnare il mio futuro con le mie mani.

Mani che impareranno a conoscere tutti questi accessori, ogni mese, per i prossimi anni.

Mi saluta ricordandomi che la prima cura siamo noi, imparando a conoscerci, a toccarci, a prendere nota dei cambiamenti.

Ed io voglio imparare a conoscermi.

Voglio imparare a cambiare.

In meglio.


Risorse

Pizzeria da Albert

Violeta Benini - Autopalpazione del Seno

 
 
 

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