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LA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE

  • Immagine del redattore: Chiara Frizzera Zambelli
    Chiara Frizzera Zambelli
  • 7 lug 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 8 lug 2020

GIORNO 7



Il pigmento per primo. Per cinque.

Seconda, L'acqua. Ne conto dieci parti.

Infine, la resina, una porzione.

Mi sembra di giocare alla piccola alchimista.

Il pennello mi aiuta ad amalgamare il tutto e attraverso il barattolo di vetro riciclato, piano piano, incomincio a cogliere il colore di una consistenza né troppo densa, né troppo liquida.

Posiziono lo sgabello di legno recuperato da un trasloco di un amico e ci poso sopra lo scarto di compensato, accompagnandolo alla parete.

Non ho mai dipinto su compensato. Ma c'è sempre una prima volta. Mi dò la possibilità di sperimentare.

Impugno la grafite rossa e mi fermo.

Ancora oggi è vivo dentro me il ricordo di quel volo direzione Fiumicino.

Alla volta di una trasmissione televisiva, nemmeno ventenne, quell'incontro mi segnò.

Sedutomi accanto, nell'attesa del decollo estrasse qualcosa dal suo borsello.

Non mi accorsi subito che era un taccuino da disegno.

Un suono mi destò. Sulla moquette blu era caduta la sua grafite.

Mi affrettai a raccoglierla per paura che potesse scivolare in fondo agli ultimi posti e gliela porsi.

Vidi in quel momento le sue enormi mani, olivastre e rugose, prendere la mia, lattea e fragile e socchiuderla contro la mina, premendomela contro il cilindro rosso di protezione.

Per un attimo ci osservammo come due estranei. In silenzio.

In decollo tolse la mano e i suoi occhi si fecero improvvisamente seri.

Parlò ai miei occhi :" Il tuo cuore e' pronto. Ora lo sono anche le tue mani."

La voce metallica informava i gentili passeggeri che eravamo appena atterrati a Roma ed erano 31 gradi.

Le mie mani stavano già sudando.

Sentii il clack della sua cintura slacciarsi e non feci in tempo a destarmi che lo vidi dirigersi verso l'uscita.

Si girò sull'uscio dello sportello, appena in tempo a guardare il mio viso incredulo e mi salutò con lo stesso sorriso con cui mi accolse.

Impugno la grafite rossa e parto.

La destra scivola sul compensato come una elegante pattinatrice del ghiaccio, e disegna curve che danno vita a forme femminili. Non son perfette così ricerco la simmetria fino a non trovarla.

Mi allontano e mi convinco di quello che vedo.

Continuo al centro, in mezzo alle gambe, stavolta la mano accarezza la tela legnosa e abbozza un fiore.

È l'ora di ravvivare quelle nuance neutre con i primari.

Abbandono la grafite prediligendo il pennello. Piccoli movimenti continui e lenti si susseguono.

Immergo, tolgo, stendo, godo.

Immergo, tolgo, stendo, godo.

Inizio una danza di setole e colore che mi porta in uno stato di trance e tutto intorno tace.

Non mi accorgo dello scorrere del tempo e mi sento leggera.

La pesantezza e l'irrequietezza dei giorni precedenti scivola via ad ogni pennellata.

Sento la l'Ora del Garda alzarsi e avvicinarsi curiosa a scoprire per prima l'incontro delle nuance.

Rosso e giallo.

All'incirca a metà una linea taglia lo scarto in orizzontale, a tre quarti in verticale dal sotto.

Quelle imperfezioni erano stato motivo della scelta di questo pezzo.

Unico.

E ci ritrovo un'analogia con la mia alta sensibilità.

A seconda da che punto di vista si guardi una cosa può essere pregio o difetto allo stesso tempo.

Continuo a riempire gli spazi rimasti con doppie, triple mani di colore.

Strato su strato le forme mediterranee si appropriano della nuova superficie, riscaldata ora dai raggi del mezzogiorno.

Mi alzo e lo guardo da lontano e so che ora è il momento di prendere le distanze.

Lasciarla sedimentare.

C'è un tempo per il fare. C'è un tempo per l'aspettare.

Domani é un altro giorno e la osserverò con distacco e lucidità.

Poso gli strumenti e trovo un posto sicuro per il mio nuovo esperimento.

Mi sento soddisfatta, aldilà della riuscita o meno del quadro, mi sono divertita.

Nessun giudizio, nessuna perfezione, solo io con i miei pennelli ed il mio bisogno di colore.

 
 
 

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