LE AFFINITÀ DELL'ANIMA
- Chiara Frizzera Zambelli
- 27 ago 2020
- Tempo di lettura: 2 min
GIORNO 58
Sbalzi. Vento, sole, aria condizionata, sudore.
Esito. Gola in fiamme.
Altamente sensibile ad ogni variazione meteorologica.
Un cerchio alla testa sta per aumentare così come il nervosismo su uno stato che non posso controllare ma solo accettare.
E mentre cerco una posizione a letto mi accorgo che non respiro. La solita apnea. Mi manca il respiro. Il mio vento interiore. Il mio soffio, la mia anima. Scopro l’etimologia in un video
grazie alle parole di una terapeuta esperta.
Mentre un graffio nell’esofago prende il palcoscenico dell’attenzione.
Fuori c’è il sole mentre Oreste non si muove sotto di me, contro l’armadio a muro.
Entrambi scarichi o forse in ascolto del nostro io interiore.
Un raggio di sole attraversa le fessure delle tapparelle sul lato sud e disegna un mezzo arco nel muro di fronte al mio sguardo, appena sotto una libreria improvvisata, di libri, stampe, vasi ed un albero di cirmolo.
Guardo con ammirazione quest’immagine regalata in una giornata iniziata male.
Non sopporto il dolore. Fisico. Quello psichico forse di più. Altrui più che mio.
Quel quarto di cerchio mi rimanda al discorso di ciclicità, di sacralità che leggo tra la vita di un’altra dea, Estia.
Mi chiedo se ci sia una connessione tra la visione del video e la lettura del capitolo, proprio dopo la serata di ieri, seduta ad un tavolo a confrontarmi su cosa rappresenta per me l’autenticità. Davanti ad un volto amico, esperto, che rivedo dal vivo dopo due anni. Caschetto corvino, su una pelle abbronzata ed accolta da una serafino dalle tonalità della terra. Lei, segno di terra, che mi racconta il suo di viaggio verso l’autenticità. Un esempio da seguire. Un modello da studiare per crearne uno mio. Un monito, il suo, di farmi stimolare dall’esterno per poi costruire il mio interno. Seguire il mio soffio. La mia anima.
Il respiro ora si fa più regolare e cerco di spostarmi sul divano.
Prendo in mano il libro e continuo in una lettura alla scoperta di un’altra parte di me. Un’altra dea. Un’altra impronta archetipo che mi porta ad ascoltarmi anche senza chiudere gli occhi, senza il buio attorno ma nel presente.
Perché forse è vero che quest’anima la si porta appresso sempre. Al supermercato, al ristorante thailandese, in cucina, a letto, al telefono e sta a noi trovare il tempo per ascoltarla.
Per ascoltarci.
Mi chiedo se anima ed autenticità non sia alla fine sinonimi di un dizionario personale che non è solo umano, ma anche animale, vegetale, universale.

Risorse
Erica F.Poli - Spiritualità pratica!
Alessia Cortesi - Psicologa Psicoterapeuta
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