MEZZODÌ DI COCCOLE E COMPASSIONE
- Chiara Frizzera Zambelli
- 20 ott 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 20 ott 2020
GIORNO 88 (in super ritardo)

Mezzodì ed un’altra giornata è arrivata alla metà del suo ciclo.
Anche oggi il sole si infila timidamente tra le vetrate di casa mentre mi stendo sul divano in silenzio a riposare. Delle chiassose voci del vicinato disturbano il momento. Dei dolori altrettanto importanti danno noia alle mie parti femminili sub ombelicali.
In ritardo è arrivato anche questo di ciclo. Mai stata regolare. Forse solo quando da adolescente mi dettero degli ormoni per combattere l’acne ma che invece di farmi scomparire le imperfezioni me ne crearono altre, sulle gambe. Smagliature rosse fiammanti per una 42 che prese una taglia al mese. Mi fermai alla 48 e poi decisi che era meglio attendere lo stabilizzarsi degli ormoni piuttosto che continuare a prendere forme diverse.
Quelle smagliature son diventate cicatrici di una me in cerca dell’amore altrui.
Ogni volta che mi abbronzo un po’, vengono alla luce e mi ricordano di quanto abbia sofferto per voler essere qualcuno che non potevo essere.
Ancora oggi la mia pelle chiara come il mio nome porta segni appresso di instabilità.
Alzo gli occhi e vedo il ciclamino fucsia sul tavolo in terrazzo che sta appassendo. Penso a quando era in cucina, appena ricevuto in dono, così come l’Ulivo. Stanno morendo o forse lo sono già. Una parte di me vuole provare a recuperare quelle vite. Ma sa che potrà farlo solo avendole vicine in questo momento di fatica. Di tensione. Osservo il ramo d’alloro uscire dal vaso in cemento grezzo. Spoglio delle bacche minuziosamente raccolte in un vasetto di vetro riciclato, pronte per essere usate come impasto per cucinare tele e dipinti. La testa fa male anche se continuo a tenermi idratata. Come se ogni giorno in più corrispondesse ad un livello di dolore maggiore. Prima la cervicale per avvertirmi dell’arrivo del flusso. Ed oggi uno stato semi comatoso. Dovrei uscire e fare due passi ma ora che mi sono stesa la pigrizia ha preso il sopravvento. Dannata indole.
Cerco di sospendere il giudizio e di coccolarmi come posso.
Metto a bollire dell’acqua calda e mi godo il silenzio indiscreto mentre chiudo gli occhi e provo a respirare.
Provo a prendermi cura di me come se lo stessi facendo con la bambina di un tempo.
Mi accarezzo la pancia dolente e mentre le dita sfiorano la felpa in grigio scuro le fitte si indeboliscono su nuance di dolore più tenue.
Cerco di ascoltare il mio corpo.
Cerco di praticare compassione.
Rifletto sul termine composto, al suo significato. Un sentimento che diventa vicinanza. Questa volta non per gli altri ma per me stessa.
Divento metasensibile.
Sensibile verso la mia alta sensibilità.
E voi dedicate del tempo alla compassione di voi stessi? Dedicate del tempo a coccolarvi?
Mi piacerebbe leggere le vostre storie nei commenti.
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