RACCONTO DI UNA DECOMPRESSIONE D'AGOSTO
- Chiara Frizzera Zambelli
- 4 ago 2020
- Tempo di lettura: 2 min
GIORNO 35
Sono seduta al tavolo in cucina, sulla sedia vintage regalatami dalla famiglia del mio migliore amico, dono prezioso che ha portato armonia nei miei luoghi dello stare, con dettagli in legno, con tinte beige.
Sono seduta e guardo lo schermo, pronta per iniziare una nuova giornata di corso.
Sono seduta e respiro. Sento il corpo parlarmi e raccontarmi varie emozioni.
Il fiato corto, sul petto, che sembra fermarsi alla trachea, segno di un'ansia anticipatoria, sul futuro, sull'impronta che vorrei lasciare, sulla paura di ritornare a camminare, stavolta sola con le mie gambe.
Le labbra in attesa di dilatarsi, aprirsi, in una gioia delle piccole cose del mattino. La colazione all'alba e i nostri visi ancora assonati, svegliati dalla brezza mattutina di questa giornata uggiosa.
Lo yoga al lago, sotto la pioggia, con tutto il potere della natura che mi circonda: il vento che spazza via i pensieri mentre mi esercito nella posizione dell'albero, dove il fluire dell'acqua da sinistra a destra sembra spostare questi grovigli di parole ed immagini fuori dalla mia testa, fuori di me. Fuori da questa foschia. Sto decomprimendo.
Mi sento sospesa ed allo stesso tempo ipnotizzata da questa fotografia fatta di tante sfumature di blu, verde e grigio, che sembrano rappresentare una quiete prima della tempesta.
Al lato opposto del pontile, una giovane ragazza siede con gli auricolari sull'angolo, lascia cadere le sue gambe verso l'acqua, indossa una giacca vento nera, imbottita e dei jeans chiari. a zampa. I nostri guardi si incrociano e si salutano in silenzio, con il rispetto l'una dell'altra per il proprio momento di tregua. Accanto a lei un libro, anche quello nero, Walden, che in tedesco significa foresta, e sopra appoggiate tante piccole frecce colorate, pronte per essere posizionate su passaggi importanti, da cui prendere spunto. Passaggi di vita.
Indisturbate dagli schiamazzi consueti dei turisti, oggi per fortuna assenti, continuiamo ad assaporare il presente, lei con i suoi occhi ad ammirare le acque piatte, solleticate da piccole gocce, intermittenti, mentre io mi dedico al saluto al sole, assente meteorologicamente, presente intimamente.
La paura di bagnarmi ed il rischio di ammalarmi mi fa soprassedere dal rimanere a contatto con quel silenzio magico, con quell'incertezza naturale che non puoi controllare. Smetterà o pioverà più forte?
Infilo la felpa con il cappuccio, i calzini, le scarpe e ripercorro il pontile, fermandomi a metà strada ad assaporare un'ultima volta quella magia di emozioni.
Saluto di nuovo i suoi occhi nocciola, con punte d'oro, avvolti in morbidi occhiali tondi, sottili e delicati. Forse come la sua anima pura e introspettiva. Simile alla mia.
In quella presenza assenza ho sentito le nostre energie sintonizzarsi sul moto acqueo.
In quell'essere così vicine ma allo stesso così lontane ho visto ognuna nei suoi spazi e nei suoi mondi in continua comunicazione.
In quella tregua ho percepito tensione, attesa di un qualcosa che arriverà, presto o tardi, con la speranza che il fuoco di ieri abbia bruciato ogni singolo ramo secco, timore e freno che mi ha condotto fino a qui.
In mente è ancora vivo il ricordo del suo viso, illuminato da quelle fiamme, più volte alimentate dal suo desiderio a tratti fanciullesco, a tratti esoterico, di incenerire fino all'ultimo pezzo le nostre paure.

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