SOGNO DI UN GIORNO DI UNA MEZZA ESTATE
- Chiara Frizzera Zambelli
- 8 lug 2020
- Tempo di lettura: 3 min
GIORNO 8
Apro gli occhi poco prima che la sveglia suoni.
Ho bisogno di alcuni secondi per ricompormi e capire dove sono. Mi succede sempre così, se durante la notte mi capita di fare un sogno che mi colpisce particolarmente.
Ora, ho solo il ricordo di aver sognato qualcosa che mi ha toccato nel profondo, ma non ricordo cosa. Strano. Di solito ricordo sempre tutto, nei minimi dettagli, anche se è solo un sogno. È l'emisfero destro di una persona altamente sensibile, sempre in modalità processing on.
Mi alzo dal letto ed in automatico vado a caricare il bollitore dell'acqua. Non mi rendo conto delle azioni che metto in atto. Sono ancora in dormiveglia.
Sarà colpa dell'integratore che assumo per conciliarmi il sonno. Prendo un altro integratore, stavolta per aiutarmi con le energie, ed inizio a preparare la colazione.
Non sono mai stata una "morning person" ma da quando mi sono trasferita sul lago ho cambiato piano piano le mie abitudini. A Milano ero addestrata a svegliarmi all'ultimo, lavarmi vestirmi e bere un caffè al volo. Se ero fortunata ci scappava anche una brioche. Dipendeva quanta gente c'era in fila al bancone del bar sotto casa. Sigaretta già pronta da fumare nel tragitto per raggiungere la metro e poi via, iniziavo la giornata.
Al sol pensiero rabbrividisco.
Mi desta il click del bollitore. L'acqua è pronta, bollente come piace a me. La verso nelle grandi tazze blu avio, un dono di una cara cugina, che piano piano si colorano di un verde pallido, quello del the.
È il turno del frigo, lo apro e prendo i due vasetti di vetro da composte, con all'interno la nostra pietanza preferita, un overnight oatmeal (con avena, latte di riso, banane, fragole e semi di chia), e li verso ognuno in un piatto fondo, bianco lucido. Noto il mancato amalgamarsi degli elementi così prendo il cucchiaio ed inizio a mescolare dal basso verso l'alto in modo da rendere più eterogeneo il tutto.
Ora sto meglio.
Mentre lui si fa una doccia, apparecchio il tavolo bianco sul terrazzo, con le tovagliette tonde di rafia, la brocca d'acqua fresca con una fettina di limone non trattato e qualche fogliolina di menta dell'orto di mio padre.
Rientro per prendere i piatti ed Oreste inizia il suo strusciarsi sulle sue sottili ed abbronzate caviglie da ciclista, prima in un verso poi nell'altro, finché non sente il rumore delle crocchette, il segnale alla Pavlov per prepararsi davanti alla sua ciotola, in attesa di assaporare il mix di sapori.
Prendiamo le tazze, una io ed una lui, e ci sediamo al tavolo che non è ancora giorno.
Il sole non è ancora sorto e mi chiede se voglio accendere le luci. Gli rispondo di no perché quella penombra rosea è così rilassante che non la voglio rovinare.
Sulla Rocchetta intanto un mattiniero si avventura alla volta del Bastione. Me lo indica con il dito ma faccio fatica a scrutarlo tra tutto quel verde fino a quando, non scorgo un puntino bianco a metà sentiero, ed esclamo: "Eccolo, lo vedo!" gioendo come una bambina curiosa che ha appena scoperto qualcosa di nuovo.
Ed e' bello.
Mi giro e lo vedo sorridere.
Ed anche lui è molto bello.
Arrossisco dentro di me!
Ci alziamo e posiamo i piatti nel lavello. Mi vesto anch'io. Alzo la cassettiera all'ingresso e mi infilo le mie vecchie Prisma dell'Adidas, comprate, su consiglio del mio migliore amico, prima del mio Leonardo a Dublino. Un tripudio di colori preventivo per contrastare il meteo imprevedibile irlandese. In realtà fummo fortunati quell'anno. Non si era mai visto così tanto sole. È durato un mese e poi la pioggia ed il vento hanno fatto da sovrani.
Chiudo la porta, saluto Oreste e lo seguo. Lui in bici, io a piedi.
Percorriamo in silenzio le strade di una città ancora addormentata. Arrivati allo svincolo con la ciclabile ci salutiamo. Lui a sinistra, io a destra ma prima mi prende la mano e me la mette sul suo esile petto, all'altezza del cuore e con il suo fare scherzoso mi lumeggia come se fossimo ad una lezione di Scienze: "Se sei vicino a me senti come mi batte forte il cuore?!" mentre il mio palmo rimbalza al ritmo del suo muscolo cardiaco. I miei occhi ne prendono la forma e mentre mi lascia la mano seguita: "Se invece non ci sei il mio cuore cessa di battere!" ed un sorriso nasce spontaneo su entrambi i nostri volti, contagiando una risata comune, fatta di suoni e di sguardi.
Un bacio sancisce il nostro arrivederci e la giornata inizia nel migliore dei modi.
"Salutami il sole": mi grida dalla sua bicicletta color verde Bianchi, mentre si gira a cercare per un'ultima volta il mio viso, ricoperto da un sorriso che mi accompagna fino alla spiaggia dove mi dirigo per chiudere questo inizio con il mio Surya Namaskara, il saluto al Sole.
Namaste!

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