UN SILENZIO TUTTO PER SÉ
- Chiara Frizzera Zambelli
- 28 lug 2020
- Tempo di lettura: 3 min
GIORNO 28
Un gomitolo in bocca, l'addominale che anche se contratto non sorregge al meglio la mia colonna vertebrale. In apnea. Inspiro con il naso ed espiro di nuovo. Sempre con il naso. Provo a creare un ritmo, provo a diventare armonica. Conosco a memoria la respirazione diaframmatica ma faccio fatica a stabilire un flusso, di in ed out.
Un'altra notte passata insonne, il mio stomaco in fiamme ed io sballottata tra bagno divano e letto. Mi sono addormentata in soggiorno per sfinimento. Sono andata oltre. Game over. Sono fuori.
Ho tirato troppo la corda e questo è il risultato. Un miscuglio di ansie, preoccupazioni, tensioni, nervosismi che fanno da contorni a pranzo, al mio piatto di riso in bianco e un goccio d'olio.
Riposo. Non mi viene in mente altro. Arrivata a questo punto sono due le cose che posso fare. Isolarmi e respirare in silenzio, due ingredienti salvifici per chi è altamente sensibile.
Anche oggi niente routine e la cosa sta pesando sempre di più, al mio umore e al mio cuore.
Mi riprometto che sarà l'ultima volta, che non sbaglierò più, che d'ora in avanti avrò tutto sotto controllo.
Ma dentro di me so che non è così. So che non sarà l'ultima volta che fallirò.
Fallimento. La parola di oggi riportata nel corso attraverso l'esperienza di un padre, che nonostante una brillante idea ha fallito, riuscendo a trasformare quel momento in crescita, non solo personale ma anche economica, grazie al mix tra arte e tecnologia.
Mi chiedo se anch'io son riuscita a farlo con i miei fallimenti. Rimango perplessa.
Propendo più per un no che per un si. Ebbene fallire serve a capire, comprendere quello che è andato storto per non ricommettere più gli stessi passi falsi, gli stessi errori.
A me sembra di ragionare all'incontrario, stile camminata struzzo, o forse è la mia signorina Rottermeir a pensarlo, sempre pronta a sottolineare lacune, mancanze.
Sempre pronta a mettere il dito nella piaga.
Una cosa è certa. Devo riprendermi al più presto. Devo darmi tempo. Tempo per riposare e tempo per meditare ma soprattutto tempo per stare in silenzio.
Troppe voci negli ultimi giorni, troppi pensieri si sono sovrapposti in questi ultimi giorni.
Come diceva il maestro Shifu se vuoi vendere il fondale devi aspettare che il mare si calmi.
Aspettare che le mie onde si calmino ed il respiro mi e' d'aiuto in questo.
Non so se sia un caso ma proprio ieri mi è arrivato un messaggio del mio vecchio osteopata di Milano con l'invito a provare la sua nuova app, sulla respirazione.
Ricordo ancora quando me ne parlava nel suo nuovo ufficio, vicino casa.
Lui che aveva colto il mio disagio e che mi aveva incoraggiato più volte al ritorno alle origini, a contatto con la natura, con la mia parte selvaggia.
Stesa sul divano seguo le istruzioni e posiziono il cellulare a due centimetri sopra la fine dello sterno ed inizio a seguire il suono. Inspiro ed espiro.
Il segnale mi dice di riprovare, che non sono armonica. Mi conferma che sto respirando con il diaframma ma sto sbagliando il ritmo. Ci riprovo. Di nuovo errore. Ci riprovo ancora e ancora. Fino a quando non mi assale un senso di frustrazione. Vorrei riuscire a passare al livello successivo. Sono curiosa di vedere cosa ci sia ma forse è proprio questo il mio problema.
Darmi tempo. Attendere. Aspettare.
É ancora troppo presto.
Mi alzo e bevo un bicchiere d'acqua, tutta d'un fiato. Mi accorgo dell'automatismo e che devo rallentare. Non son più consapevole delle azioni che sto compiendo nell'attimo in cui le metto in atto. Allarme. Ho bisogno di ricentrarmi. Respiro.
Mi siedo di nuovo sulla sedie a rotelle girevoli ed osservo lo schermo illuminato. La luce è troppo alta così decido di abbassarla.
Inizio a recepire i segnali.
Mi riverso un altro bicchiere d'acqua. Osservo il getto scendere sul fondo e riempire mano a mano il vetro svedese, creando un vortice di bolle che trovo buffe simpatiche e mi scappa da ridere.
Inizio a concentrarmi.
Sento solo il rumore delle mie dita sui tasti. Sento il rumore dell'apertura del cancella. Poi nulla.
Mi vien da respirare di nuovo.
Bevo il silenzio.

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Ritm-U
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