UNA METEROROPATIA PARTICOLARE
- Chiara Frizzera Zambelli
- 29 ago 2020
- Tempo di lettura: 2 min
GIORNO 60
Il ticchettio delle gocce sui tetti in costanti intermittenze, tra silenzi imprecisi, e battiti irregolari, risuona da fuori la stanza.
Piove da tutto il giorno.
Dormo da tutto il giorno. O forse di più.
Sul divano con Oreste ho viaggiato tra miti e leggende alla scoperta di nuove parti di me. Nuove dee per nuove storie.
Ho sempre subito il fascino del mito greco. Fin da ragazzina quando rubavo il testo di mia sorella liceale e divoravo leggende prima di addormentarmi.
Il silenzio si interrompe da lezioni di scale dal salotto.
Io che con questo tempo mi sento sotto di due ottave.
Meteoropatica fin dalla nascita o forse anche questo è un altra alta sensibilità.
Mi ricordo il mio periodo berlinese.
63 giorni senza un raggio di sole.
Lo vedemmo il 25 aprile. Ci venne a liberare da una depressione invernale.
Correva l’anno 2010.
Dieci anni son passati tra altre prigioni, soli assenti, meteoropatiche lezioni di vita.
Mi chiedo se anche in questo non sia inserito all’interno di un sistema. Umori che vengono e vanno come nuvole e cielo limpidi, raggi di sole interrotti da temporali estivi o nevicate improvvisate in inverni miti. Cicli che si rincorrono, si sovrappongono, si ripercorrono in scenari e modelli insiti nei nostri emisferi. Nei nostri cuori.
Il programma di oggi è saltato. Tra verdure grigliate, saltate in un cous cous al tempeh.
Continua a scorrere l’acqua fuori sul terrazzo. Continua a scorrere dentro di me. Lotto per una balance energetica che ho posto come l’obiettivo di un sabato italiano.
Ho forse bisogno di farla scorrere sul mio corpo spoglio di vestiti casalinghi, di riflessioni, di indecisioni.
Acqua calda sciacqua via le sporche credenze ed insicurezze su di me.
Suona come una preghiera della pioggia. Della vita.
Mentre tutto scorre.

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