COME ERRORI
- Chiara Frizzera Zambelli
- 23 lug 2020
- Tempo di lettura: 3 min
GIORNO 23

La pancia gonfia danza un lento.
Prima in alto, poi in basso.
Mi osservo l’ombelico dilatarsi più del consueto.
Non sono più abituata a cenare fuori.
Oggi Thai. Il mio preferito. L’ultima volta era gennaio, prima del lockdown, prima della quarantena, prima del rientro ad Amsterdam del mio migliore amico. Ricordiamo le sedute interne, quelle basse, troppo strette per le nostre gambe, la famigliola chiassosa, il menù prelibato.
Stavolta prenoto all’esterno con affaccio sulle montagne ed un cielo pronto a ritirarsi. Noi invece a rimpinzarci.
Sempre noi tre. Sempre lo stesso menù. Involtini primavera. Da urlo!
Pad Thai per ogni gusto: normale piccante, vegano piccante e normale non piccante.
Deliziosi!
Acqua naturale per sciacquare. Per finire caffè, anche questo secondo l’uso: d’orzo in tazza piccola, americano in tazza grande con un po’ d’acqua tiepida a parte e deca lungo in tazza grande.
Si è deciso all’ultimo di venire.
L’ho proposto dopo aver avuto una crisi, sull’uscio della porta, grondante, sotto un vestito taglia 52, vintage a righe verticali, dopo aver gettato le chiavi a terra per una battuta mal interpretata di chi osserva la realtà attraverso i simboli. Quella stessa realtà che al momento non condivido. Un mondo a cui non mi sento di appartenere.
Scesa dalla macchina nell’infilarmi la borsa di tela come zaino ho sentito uno scricchiolio infrangersi contro la mia vertebra. Qualcosa in quelle carte di giornale si era rotto assieme ad un pezzo della mia autostima, del mio cuore. Artefatti in ceramica recuperati stamani dall’affascinante ceramista, dopo un anno dal corso, al laboratorio d’arte. Subito penso al mio totem, un cactus di terra con aghi di colore, multipli. Come i miei talenti inespressi. Così l’aveva battezzato il maestro. O forse il mio strumento musicale stile Maya, un vaso in colombino mal riuscito. trasformato in un corpo con la testa di coccodrillo ed al collo un fiaschietto, dono prezioso del maestro.
È la prima cosa che faccio dopo aver dato sfogo alle lacrime e all’ansia raccolta, di documenti, di futuri incerti, paure, calori, emozioni. Srotolo il cactus ed un ago viola è rimasto orfano. Controllo anche il coccodrillo. Integro. “Tutto sommato poteva andare peggio” mi convince la voce fuori campo ed inizio a cercare un posto ai nuovi inquilini. Sopra le mensole. Il primo fra libri di poeti storici e musicisti. L’altro tra il verde ed il ferro. Due elementi agli antipodi dove la ceramica forse rappresenta l’intermezzo.
Come le crisi. A volte interminabili. Come quelle d’un tempo. Altre passeggere. Come quella di oggi.
Interludio di errori che si ripetono. Imparerò?
Suono il fischietto ed il rumore scivola via attraverso i denti aguzzi del coccodrillo e con lui la mia instabilità. Quel rito mi riporta al centro e mi sovviene il dialogo con il maestro ceramista all’atto della creazione della base del mio nuovo strumento. “Non mi piace. È brutto” gli dissi con fare infantile, delusa di me stessa e dell’aspettativa di successo infranta. “Ogni tua creazione è come un figlio. Amalo per quello che è, non per quello che deve essere. È un tuo frutto. È parte di te”.
Riappoggio il coccodrillo sulla mensola, con aria soddisfatta e fiera di come, grazie all’aiuto di altre quattro mani, sia diventato uno splendido rettile anfibio.
Una combinazione di mondi ed evoluzioni incrociate.
Mentre aspettiamo che arrivino i piatti guardo i loro occhi. La luce dell’ultima ora illumina i loro visi. Così diversi per tratti somatici. Così simili per tratti di vita.
È questo il mio posto.
In mezzo a loro.
Il mio posto nel mondo.
Risorse
Via della Terra -Laboratorio d'Arte e Ceramica
Ristorante Thailandese Sawadee
https://www.facebook.com/pages/category/Asian-Restaurant/Sawadee-Cucina-Thailandese-499844473531100/
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